Giuseppe Ghilarducci ha scritto uno di quei libri fatti come si debbono fare: ne ha presentato anzitutto le credenziali critico-euristiche, le fonti, tanto quelle scritte quanto quelle artistiche e archeologiche; ne ha ricostruito le forme arcaiche seguendone la genesi, i mutamenti di funzione e di struttura, le crisi e i restauri. Non uno degli argomenti che dovevano essere affrontati è stato evitato o sottovalutato; non una parola esornativa oppure oziosa è stata aggiunta a una precisa ed equilibrata “descrizione interpretativa”. La forza critica di questo lavoro proviene dalla sua base e dal suo nucleo forte, l’esame attento e ponderato delle fonti e degli studi, la delimitazione sempre esatta eppure mai fredda né distante del costante limite fra la certezza delle tesi che i documenti consentono di poter con sicurezza affermare e la ragione intima delle ipotesi che quel che ci resta permette di poter avanzare su quanto abbiamo viceversa dimenticato o smarrito, ché la storia è una lotta continua contro l’errore e contro l’oblìo. […]
dall’introduzione di
Franco Cardini
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