di Ilaria Ferrara
pp. 64, f.to 12×16,5, 2007
ISBN 978-88-7246-806-7
Esaurito
Quando giocando all’aperto ci sentiamo pungere a tradimento dalle sue foglie verde scuro, all’apparenza così innocue; spesso la consideriamo un’erbaccia e la associamo mentalmente ai terreni incolti, alle macerie, alle rovine. Chi si interessa di agricoltura biologica ne conosce l’uso come macerato per le piante, nutriente e disinfettante; chi ha passione per l’erboristeria la ritrova in tisane e decotti drenanti, cicatrizzanti, contro la caduta dei capelli e per la produzione di latte; chi prova curiosità per la storia e il folklore la associa al mondo oscuro delle streghe, delle fiabe, degli scongiuri e dei sortilegi.
Chi, infine, apprezza l’arte di combinare i sapori e gli aromi, sia come registrati nel tempo dalle diverse cucine regionali, sia come continua sperimentazione, troverà nell’ortica una pianta preziosa per le sue qualità organolettiche, la sua versatilità, la sua ricchezza nutrizionale. Alimento e medicina insieme, utilizzata già dagli antichi greci, contiene ferro (tre volte più degli spinaci), fosforo, magnesio, calcio, silicio, le vitamine A, C (sei volte più delle arance) e K, acido formico, tannino, proteine, fibre, clorofilla e tanti altri principi attivi che determinano le sue proprietà, note da secoli, come pianta antianemica, depurativa, diuretica, digestiva, ricostituente, ipoglicemizzante. Non a caso se ne faceva un grande uso in primavera, sia per depurarsi delle scorie invernali sia come verdura sempre disponibile e gratuita nell’intermezzo tra vecchio e nuovo raccolto nell’orto. C’è da meravigliarsi che, con queste e molte altre virtù, il suo consumo sia oggi tutto sommato molto ristretto. La crescita economica del secondo dopoguerra, l’urbanizzazione, l’invadenza (e la praticità) dell’industria alimentare, i tempi contratti in cui passiamo le nostre giornate, ci hanno fatto perdere via via il contatto con tradizioni e sapienze antiche nel riconoscere e utilizzare le erbe spontanee. L’ortica, per la sua facile riconoscibilità, può essere un buon punto di partenza per risvegliare la nostra memoria ancestrale di raccoglitrici e di raccoglitori e per ritrovare una relazione meno distorta con l’ambiente naturale. Questo insieme di ricette, nato dal bisogno di imparare sul mondo delle erbe e dalla curiosità per la “fitoalimurgia” (cioè l’uso popolare di piante spontanee commestibili) si basa su una ricerca all’interno delle tradizioni regionali, più alcune interpretazioni moderne trovate in riviste e ricettari “verdi” e qualche rielaborazione personale. Ho cercato di alleggerire gli ingredienti dai grassi in eccesso per la vita di oggi, meno dispendiosa di calorie di quella di una volta in campagna e in montagna; chi vuole può reintrodurre a piacere i battuti di lardo, pancetta o rigatino, che io ho omesso preferendo usare l’olio extra vergine d’oliva, o dove richiesto il burro. Sulle Alpi e nel nord Italia l’ortica si declina di preferenza con latte, panna, burro e farine diverse (come quella di segale o di grano saraceno); al centro e al sud prevale l’olio extra vergine d’oliva (abbreviato come olio e.v.) accompagnato talvolta a pinoli e peperoncino; in tutta Italia è frequente l’abbinamento con la cipolla, le uova, il riso o la pasta sia secca che ripiena. Degli usi più diffusi, come zuppe, risotti o frittate, troverete più di una variante; per il resto, affidatevi anche alla vostra fantasia, perché ogni esecuzione è, per forza di cose, una rielaborazione.
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