di Ida Campeggiani
pp. 280, f.to 17×24, 2013
ISBN 978-88-6550-185-6
€ 20,00 Disponibile in ebook su Torrossa
Varianti e riscritture sono connaturate al processo creativo di Michelangelo poeta. «Molte sono le prove e riprove; e tuttavia non pochi i frammenti», dichiarava Cesare Guasti nel 1863; e proseguiva: «Chi leggerà con attenzione, troverà varianti lezioni degne di studio: e farà ragione di quello che doveva essere quand’operava nell’arte sua pensando al giudizio de’ posteri, se tanto si travagliava intorno a cose riserbate solamente agli amici, e talvolta (se ci sia lecito pensarlo) meramente ispirate da qualche loro donativo o da una cortese insistenza». Guasti aveva riunito i manoscritti delle Rime e con la sua edizione contribuiva a ricreare l’immagine di una scrittura affidata, per più di due secoli, alle cure di Michelangelo il Giovane, ossia a lezioni che questi aveva stabilito in modo univoco e distorto. Riapparivano testi con segmenti affastellati e alternativi, attraversati da indecisioni, mutamenti, persino contrasti di concetti e stili, interrotti in uno stato di incompiutezza certamente intenzionale. Da allora a oggi hanno preso corpo alcune domande. Come leggere una poesia ‘in divenire’? Qual è il legame, se esiste, tra la sua natura sospesa, molteplice e la sua destinazione? È una destinazione semiprivata? Una risposta in chiave stilistica permette di prendere le distanze dal mito dell’artista e dal confronto con la sua opera figurativa, spesso fatale per la poesia, e di affrontare complessi problemi testuali e interpretativi. Il non-finito poetico mette alla prova il quadro teorico e critico della filologia d’autore, mentre fornisce indizi su come ricucire frammenti, classificare riscritture, conoscere e accettare una creatività anomala e i suoi prodotti, tra cui la silloge nota come ‘canzoniere’.
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